
My Roommate is a Cat: la recensione semi-ignorante
My Roommate is a cat, l’anime che racconta di come un gatto può cambiare la vita in meglio. Anche se sei un asociale cronico.
La trama
Ho da poco recuperato l’anime My Roommate is a Cat su Crunchyroll, dopo aver trovato dal mio amichevole fumettaro di quartiere il primo numero del manga degli autori Tsunami Minatsuki e Asu Futatsuya: la sua uscita è di poche settimane fa ad opera di Flashbook, sebbene la trasposizione animata sia online già da un bel pezzo (io, come al solito, arrivo in ritardo).
La storia narra di Mikazuki Subaru, un giovane e promettente scrittore di romanzi gialli il quale, rimasto solo dopo la morte dei genitori in un tragico incidente, trova una nuova compagnia nella figura di una micia, Haru: la randagina che incrocia per caso il cammino di Subaru, diventerà la sua nuova coinquilina e lo metterà di fronte a tutta una serie di esperienze che per, quanto possano essere comuni per la maggior parte delle persone, si riveleranno essere nuove (e spesso faticose) per il giovane misantropo.

L’anime è composto da 12 episodi, di circa 25 minuti ciascuno. Ogni episodio, così come ogni capitolo del manga, è poi diviso in due parti: la prima metà mostra le vicende dal punto di vista di Subaru, mentre la seconda metà ci fa immergere nella prospettiva della micina Haru.
Misantropia portami via
Già dalle prime scene, assistiamo alla misantropia di Subaru in tutta la sua essenza: mentre si trova insieme al suo editor in un cafè, il giovane scrittore afferma esplicitamente di trovarsi a disagio in un luogo pubblico, con i suoni e le voci degli altri a circondarlo e infastidirlo. Ah, come ti capisco, fratello!
Sebbene Mikazuki Subaru incarni alla perfezione lo spirito asociale e un po’ secchione di molti nerd odierni, i quali prediligono la sicurezza e gli svaghi a disposizione della propria confortevole casa, in My Roommate is a Cat vediamo come l’incontro con una tenera micia randagia faccia crollare quel muro che il protagonista aveva eretto con tanta perizia attorno a sè.
Mattone dopo mattone, il muro inizia a venir giù nel momento in cui il giovane realizza che non vi sono soltanto i suoi amati libri, ma anche un intero mondo là fuori in grado di stimolare la sua fantasia e regalargli tutte quelle esperienze che si era precluso fino a quel momento.
Haru vuol dire “pappa”
La gatta protagonista di questa storia, dal suo canto, scopre che la cosa più importante nella vita non è solo il cibo. In uno dei degli episodi, che si caratterizzano tutti per una dolcezza smisurata (troppo kawaii) mista a scene comiche, vi è un simpatico malinteso legato al nome della micina. Subaru decide di chiamarla Haru (letteralmente “sole”), ma il suono associato a quella parola è per lei legato al cibo. Così, ogni volta che viene chiamata, crede in realtà che sia l’ora della pappa!

Tuttavia, la randagina dall’espressione perennemente imbruttita (come si dice in quel di Milano), realizzerà che per lei è molto più importante prendersi cura del suo “piccolo umano” – come faceva in passato con i suoi fratellini – e che le coccole non sono poi così male e, anzi, la presenza di Subaru al suo fianco diventerà indispensabile per lei.
Non dire gatto…
Una figura in cui personalmente io mi ritrovo tantissimo è quella di Kawase, l’editor di Mikazuki Subaru: fissato con i gatti, non appena sente un miagolìo al telefono, si precipita a casa del giovane scrittore per poter coccolare Haru, benché i suoi tentativi si riveleranno infruttuosi e faranno solo soffiare la gatta come un’indemoniata.

Ecco, io sono così: non appena sento il verso di un gatto, corro a cercarlo ovunque. E una volta trovato, faccio di tutto pur di accarezzare la sua testolina o prenderlo in braccio. Sono malata di gattite, lo so!
Kawase-san, tuttavia, non è l’unico personaggio della serie con cui si approccia Subaru: a poco a poco, grazie alla presenza di Haru, scoprirà di poter stringere (o rafforzare) legami con le persone che lo circondano, nonostante per molto tempo abbia creduto di poterne fare a meno. Da Hiroto, il suo amico d’infanzia, ad Ookami, la ragazza del pet-shop, il giallista misantropo si circonderà di amici insegnandoci che, spesso, il modo migliore di vivere è farlo condividendo le nostre esperienze con gli altri.
Piccole considerazioni
Sebbene la trama appaia un po’ lenta nel procedere e si prenda chiaramente i suoi tempi, ogni episodio è scandito da una dolcezza senza eguali e da diversi momenti che strapperanno più di un sorriso a chi li guarderà.
Viene sicuramente sfatato il luogo comune per cui i gatti non si affezionano al proprio umano tanto quanto i cani; d’altro canto, ne vengono utilizzati altri per creare delle scene ad hoc a mio avviso parecchio divertenti (vedi l’episodio in cui Haru è in grado di vedere gli spiriti LOL).
In definitiva, credo che My Roommate is a Cat sia un must watch per gli amanti dei gatti o solo per chi è alla ricerca di un anime leggero, fresco e tenero dalla prima all’ultima puntata.
Kawaii!!!
Fonte immagine: nerdbot.com
8 Gennaio 2020 at 20:13
Sembra il Grumpy Cat.
8 Gennaio 2020 at 22:24
Ho pensato esattamente la stessa cosa!